13 luglio 2014

Aggiornamenti.

Come ampiamente previsto non sono riuscito ad aggiornare il blog con regolarità.
Creare una sequenza cronologica dei progressi in modo accurato a questo punto non è semplice, poiché pochi mesi di un bambino di due anni corrispondono ad anni di vita di un adulto, perciò mi limito a descrivere la situazione attuale.

Koko attualmente ha due anni e tre mesi, è in grado di comprendere alla perfezione sia l'italiano che il giapponese, sa esprimersi in giapponese al pari o meglio di suoi coetanei giapponesi monolingue in Giappone, ma in italiano non si sente ancora totalmente sicura e spesso è intimidita di fronte a nuove presenze. Tuttavia, ultimamente con me e con i familiari prova a sforzarsi e a comunicare interamente in italiano, nonostante preferisca usare determinate parole in giapponese anche quando prova a esprimersi in italiano.

Esempi:

Giapponese: Koko passa gran parte della giornata con la mamma che, come c'è stato consigliato, la espone molto alla sua lingua madre, parlandole il più possibile e in modo sensato. È passata dalla fase della parola singola a quella delle due parole a frasi di senso compiuto piuttosto velocemente, tant'è che non riuscirei neanche ad posizionare i vari step con precisione su una linea temporale. 

In giapponese è in grado di dire praticamente di tutto, e questo è fantastico perché da un po' di tempo ormai non abbiamo più bisogno di sforzarci a capire cosa vuole. Praticamente ce lo dice, e se non è un capriccio l'accontentiamo.

Sa dire da "昼ごはん、なんか食べる" ("che si mangia a pranzo?") a "これは電車の中で見た" ("questo l'ho visto quando stavo sul treno"), oppure "きゃりが家にきたら、Didòで遊ぼう" ("se Kyary (Pamyu Pamyu) viene a casa nostra, la farei giocare col Didò"), ma anche "汚いから、お風呂に入る" ("visto che sono sporca, mi faccio il bagno") o "どうしてお姉さんが一人で電車乗るの? ("perché la signora (sul treno) viaggia da sola?"). Insomma, sa coniugare verbi correttamente e parla in modo piuttosto chiaro. Oltre a questo impara facilmente nuovi vocaboli ripetendo frasi della mamma, o di altre persone (quando ci troviamo in Giappone, come in questo momento).

La sua parola preferita è "どうして?", che praticamente ripete ogni trenta secondi, in qualsiasi situazione.
È un periodo che dura da un po' di mesi, e ci stiamo sforzando cercando di rispondere in modo soddisfacente a tutti i suoi "perché?", anche quando vengono ripetuti all'infinito dopo dettagliate spiegazioni di cinque minuti.

Italiano: Koko, quando in Italia, passa circa un terzo della giornata in mia presenza o con familiari italiani (nonna, nonno, bisnonna, ecc.). Non è in grado di esprimersi come in giapponese, ma riesce comunque a farsi capire. I familiari più stretti hanno imparato il significato di alcune parole giapponesi come "おにぎり" (onigiri) "みず" (acqua), "ねたい" (voglio dormire) per una questione di sopravvivenza, ma ultimamente stanno cercando di insegnarle i rispettivi vocaboli italiani, che alla fine ripete senza fatica.

Paradossalmente è qua in Giappone, dove ci troviamo per vacanza da circa un mese, che sta cominciando a formare delle frasi anche in italiano, e dire cose tipo "babbo, perché la mamma è scivolata?", oppure (via Skype) "nonna, torniamo la prossima settimana!".

La magia ormai evidente è che sta cominciando a distinguere le due sfere, rivolgendosi in giapponese ai giapponesi e in italiano agli italiani, tant'è che, ovviamente, la sua parola preferita in italiano è "perché?".

E l'inglese?
Io e la mamma continuiamo a comunicare in inglese, ma Koko non sembra comprendere ciò che ci diciamo.
Al momento non mostra alcuna curiosità o fastidio in questo contesto, anche se credo che prima o poi lo farà, essendo Koko una bambina che vuole avere la situazione sotto controllo e capire ciò che accade intorno a lei. 
A volte, ma raramente, chiede "babbo, cosa ha detto la mamma?" o "mamma, cos'ha detto babbo?", ma senza troppo interesse.

Ad aprile siamo stati ospiti per dieci giorni da nostri amici a New York, e l'esperienza è stata utile più per motivi culturali che linguistici (finalmente ha scoperto che il suo amico di colore Jonathan non è l'unico bambino di colore al mondo), ma allo stesso tempo ha capito che l'inglese ha motivo di esistere, e un minimo di curiosità anche verso questa lingua a volte lo manifesta.
Comprende domande tipo "what is this?", "what are you eating?", "do you like it?", "how was the food?", rispondendo o in italiano/giapponese, oppure con un "yes", "yummy", "pancake". 

Niente di strabiliante in questo caso, ma credo ci siano le basi per giocare un po' e stimolarla anche al fine di farle apprendere la lingua inglese.

4 novembre 2013

Evoluzione artistica da un anno a un anno e mezzo.

Un aspetto dell'educazione di nostra figlia a cui teniamo particolarmente è lo stimolo della creatività, componente fondamentale per affrontare problemi e trovare soluzioni nella vita.

Uno dei passatempi preferiti da Koko è disegnare e dipingere, perciò sfruttiamo il suo estro per raccontarle storie, personaggi, numeri, lettere e tutto ciò che è possibile trasferire su carta o su tela.

Questa è la sua evoluzione artistica a partire dai 13 mesi per finire a ieri (19 mesi): 



Primo disegno (13 mesi). Solo scarabocchi ad arco.




Secondo mese. Scarabocchi ad arco e qualche tentativo di cerchio.



Terzo mese. Scarabocchi circolari.



Quarto mese. Scarabocchi circolari all'infinito, sovrapposti tra loro.



Quinto mese. Forme circolari ordinate.



Sesto mese (fiori). Composizione ordinata.



Settimo mese (primo lavoro con tempere e pennelli).



Settimo mese (tempere e pennelli). Forme bilanciate, parzialmente sovrapposte.



Oltre a stimolare la creatività, disegnare e dipingere aiuta i bambini a:

1. sviluppare il controllo dei muscoli e la coordinazione.
2. aumentare l'autostima.
3. esprimere le proprie emozioni.
4. scaricare lo stress.

Divertitevi! :)



29 ottobre 2013

Luglio 2013: un mese in Giappone.

Prima di partire per il nostro primo viaggio in famiglia mi chiedevo: "quanto può essere importante per una bambina di un anno passare un periodo medio-lungo in Giappone e cosa può lasciarle un viaggio di questo tipo?".

Non riuscivo bene ad immaginarmi cosa avrebbe potuto assorbire mia figlia, così piccola, nell'intero mese di luglio. La curiosità non era poca.

L'itinerario da noi scelto è stato il classico mix modernità-antichità, tranquillità-frenesia, che offre il Giappone, iniziando da Osaka, dove vive l'intera famiglia di mia moglie, passando per Tokyo, dove sono la maggior parte dei nostri amici, e Hakone per un po' di relax.

L'aspetto più scontato è stato il rafforzamento del legame tra Koko e la nonna, il nonno, la cuginetta, gli zii e tutto il resto della famiglia, per il quale la comprensione del giapponese da parte della bimba è stata di fondamentale importanza. In poche ore Koko aveva già acquisito la scioltezza e la familiarità che ha con la nonna e il nonno italiano, mentre con la cuginetta si è creato un rapporto speciale, poiché le due tuttora sono ansiose di vedersi settimanalmente tramite Skype.

A Tokyo abbiamo passeggiato per lo Yoyogi Park per cinque minuti, prima che un diluvio ci costringesse a rintanarci sotto un chiosco, poi abbiamo fatto le ore piccole passando da un ristorante a un izakaya a Shibuya (nel frattempo la bimba si è addormentata), dove Koko ha scoperto che non solo mamma, babbo, nonna e nonna mangiano con le bacchette, ma anche tutti gli altri! E così anche lei ha provato, riuscendo con successo, incredibilmente.
Ancora oggi faccio fatica a crederci, ma ormai è un dato di fatto: a un anno e mezzo mangia anche con le bacchette.

Ad Hakone abbiamo passato due giorni in relax con visita al piacevolissimo Open Air Museum, attrezzato anche per i bambini più piccoli. Un posto molto consigliato.

E il resto? Tutto ciò che un viaggio lascia a una persona adulta, cosa può trasmettere a una bimba di un anno?

Nostra figlia ha mostrato molta curiosità per le semplici azioni quotidiane, imitando comportamenti e aspetti che ormai per noi sono pura normalità, come lo stare composti sul treno, non urlare in determinate situazioni ("i bimbi come te non lo fanno, vedi?"), camminare dritti senza intralciare il passaggio, mangiare composti senza distrazioni e tutte quelle buone maniere tipiche del Giappone e poco comuni dalle nostre parti in Italia.

Koko ha avuto la possibilità di confrontarsi con altri bambini, più o meno grandi, che rispetto agli italiani hanno diverse abitudini, comprendendo che determinati comportamenti sono un vantaggio in termini di indipendenza.

Soprattutto la bimba sembra aver capito che l'educazione che le sta trasmettendo la mamma ha un senso ben preciso, e che non è di certo l'unica al mondo che mangia il riso a colazione, che deve scendere dal seggiolone dopo aver detto "ごちそうさま", che mangia sul tavolo come tutti noi e senza giocattoli di mezzo, che non deve urlare per chiamare il babbo, ecc. ecc.

Insomma, Koko ha potuto verificare che c'è un'altra intera nazione che fa parte di lei e che i nostri sforzi serviranno a non farla sentire inadeguata.

Il Giappone è anche tuo, Koko.

13 settembre 2013

Mezz'ora di Pink Fong.

Ho accennato nell'articolo precedente al fatto che nostra figlia ha, da poco più di un mese, un nuovo passatempo, e questo risponde al nome di "Pink Fong".

Premetto che se si parla di binomio contenuti video - bambini al di sotto dei tre anni sono decisamente un talebano, tant'è che ad oggi raramente, per non scrivere "mai", accendiamo la televisione in presenza di nostra figlia e che mai mi sarebbe venuto in mente di piazzarla davanti a uno schermo a questa età.

All'italiano medio do certamente l'idea dell'estremista o dell'hippie, non lo so, ma in realtà sono molto legato alla tecnologia e in futuro offrirò contenuti video di qualità alla nostra piccola.

Il tema mi è caro, ho letto abbastanza, e quanto pare la visione della TV in sè per sè non è dannosa, a meno che l'esposizione non sia esagerata, però ciò che mi terrorizza è crescere una bambina teledipendente, dato che sono estremamente convinto del fatto che la TV, non l'elettrodomestico, ma i contenuti dei classici canali RAI e Mediaset, siano letteralmente il Male con la "M" maiuscola e un gigantesco cancro della nostra società. 

La mia mini-conversione, non verso la TV, ma a favore di un'app per iPad, parte da un fatto accaduto in Giappone: 
una domenica mia moglie invita a casa una sua vecchia amica, che chiamerò Yoshimi, con una bimba di due anni e mezzo.
Yoshimi è una di quelle mamme super accorte e maniache di ogni dettaglio in tema di educazione.
È una di quelle che muove ogni singolo passo in cerca della perfezione, che per la bimba acquista alimenti di qualità, vestiti di qualità, giocattoli di qualità, che segue alla lettera ogni minimo input pedagogico, ecc. ecc.

Nel suo estremismo risulta comunque una fonte di ispirazione, e a sorprendermi fu il momento in cui, durante la pausa tè, Yoshimi diede in mano alla sua bimba un iPad, che ovviamente Kayo (così chiamerò la piccola) padroneggiava con stile.

Tra le tante applicazioni "educative" installate sull'iPad, Kayo si mostrava decisamente attratta da Pink Fong, alché decisi di scaricarla sul mio dispositivo e controllare i contenuti in seguito, ben distante da mia figlia, nel mio bunker con muri spessi 60 centimetri.

L'app contiene alcuni contenuti gratuiti, ma un'esperienza totale la si può avere soltando acquistando uno dei tanti pacchetti disponibili, cosa che ho deciso di fare solo dopo aver testato l'effetto dei video su mia figlia.

Pink Fong è disponibile in coreano, cinese, inglese e giapponese, ed ovviamente sono le ultime due versioni quelle che ho installato sul mio iPad. Per entrambe le lingue sono disponibili pacchetti di video che contengono canzoncine mirate a imparare l'alfabeto, classiche canzoni per bambini (che in genere odio), nuove parole, nuovi balletti, e a famigliarizzare con animali e i loro versi.

Fa il suo lavoro? Magari è un po' presto per sbilanciarmi, ma tenderei a dire di sì.
Koko adora quella mezz'ora mattutina o serale durante la quale può guardarsi tutti i video disponibili.
Grazie all'interfaccia intuitiva, in un mese ha imparato a selezionare i video delle sue canzoncine preferite (ha le sue preferenze e va a periodi), ad usare di conseguenza l'iPad cliccando sulle icone e scegliendo tra la versione inglese e quella giapponese di Pink Fong, a ballare ogni canzone in modo diverso imitando i personaggi (bambini) dei video, e sorprendentemente ha imparato a dire "bubbles" (grazie al video in inglese della lettera "B"), a pronunciare qualche vocale e consonante a tempo di musica, e ad anticipare l'entrata in scena di qualche personaggio, ad esempio imitando il suono di un animale o scuotendo la testa dicendo "no" come fanno i bambini nel video in inglese della lettera "Q".

Importante: non la lasciamo MAI sola con l'iPad e facciamo in modo che lo guardi sempre in piedi e MAI seduta con la testa piegata verso il dispositivo (i bambini hanno la testa pesante: mai chinati in avanti).
Quando guarda i video in inglese è mio compito seguirla, stimolarla e commentare i video e le sue azioni in inglese, mentre quando usa la versione giapponese, a sostenerla c'è la mamma

Se oggi le chiedo "what sound do elephants make?", lei barrisce. Se dico "how do you dance this song?", lei balla a tempo di musica, e se esprimo una preferenza dicendo "babbo would like to watch the video of the iguana", lei molto spesso mi accontenta e preme sulla lettera "I".


Sorpreso? Non troppo, perché so bene che potenziale hanno i bimbi di questa età (18 mesi), ma vedere coi miei occhi con quanta facilità comprende le mie richieste in inglese e quanto ha di fatto appreso grazie a Pink Fong mi rende quantomeno fiducioso nei confronti della tecnologia mirata ai bambini e all'apprendimento della terza lingua (l'inglese) fin dalla tenera età, ancor prima di mandarla alla scuola (asilo) internazionale.

22 agosto 2013

Seconda lingua e attività divertenti.

È importante interagire costantemente col bambino in modo divertente e interessante utilizzando la seconda lingua, facendo in modo che tutto avvenga in modo naturale, giocoso, interattivo, divertente e connesso ad attività della vita quotidiana.

Inizialmente, quando le attività sono quasi esclusivamente passive, è possibile far parlare dei pupazzi, dei peluche, nella seconda lingua in modo che il bimbo capisca che la mamma non è l'unica al mondo a poter parlare il giapponese.
A casa nostra Totoro, Miffy, l'aereo peluche Alitalia, Lotte Bear, Pinnapo e tutti gli altri parlano giapponese, ma anche italiano, mentre alcuni parlano addirittura inglese...
Con loro abbiamo inscenato teatrini e inventato storie bilingui che Koko ha sempre ascoltato con interesse, a volte perplessa e a volte divertita.

Oltre a questo abbiamo anche passato del tempo a inventare canzoni con rime forzatissime e dalla trama improbabile, ma comunque di ottima fattura a giudicare dai sorrisi dell'interessata, specie se accompagnate da balletto. Tutto improvvisato, ovvio.

È chiaro che l'interazione con amichetti, cugini e fratelli può essere di grande aiuto, ed è quindi estremamente consigliabile passare del tempo all'estero per far sì che il bimbo giochi coi suoi coetanei, o quasi, usando la seconda lingua.

Noi siamo appena tornati dal nostro mese in Giappone e il tempo che Koko ha passato con la sua cuginetta anch'essa bilingue (giapponese e francese) è stato di fondamentale importanza: la cuginetta è un anno più grande e la nostra Koko cercava continuamente di imitarla, limando il gap, provando a pronunciare parole che aveva appena ascoltato. Così in breve tempo ha imparato a dire "ばば" (nonna), "じじ" (nonno), "暑い" (caldo). Con gli adulti non ha mai ricevuto un così grande stimolo e voglia di imparare.

Oggi nostra figlia ha quasi diciassette mesi e la sua attività preferita, oltre a ballare le canzoni di Kyary Pamyu Pamyu e le filastrocche di Pink Fong, di cui parlerò in seguito, è disegnare.
Ha preso in mano i pennarelli per la prima volta a tredici mesi ed oggi lo fa in media due volte al giorno, mattina e pomeriggio, su fogli 70x100 e con pennarelli lavabili Giotto be-bè, che straconsiglio per la qualità e per l'alta lavabilità.

Ha impiegato circa una settimana a imparare a stappare i pennarelli da sola ed impugnarli correttamente.
Inizialmente si sporcava molto, soprattutto perché li prendeva dalla punta, ma poi ha preso confidenza ed oggi si sente totalmente sicura e padrona delle sue creazioni.
Questa attività ci è stata di grande aiuto per l'insegnamento del giapponese perché spesso mia moglie e la bimba si ritrovano sul foglio 70x100 a disegnare; mia moglie le fa un leone e Koko imita il verso del leone, poi disegna un paio di scarpe, le chiede "これなに?" e Koko indica le sue ballerine, oppure la mamma fa il mio ritratto stilizzato e la bimba dice "babbo!". "じょうず!".
Da pochi giorni, invece, a volte disegna qualcosa, lo indica e dice "mamma!", "babbo!", "ばば!", ecc.

È un'attività divertente che la bimba ama svolgere anche per un'ora di seguito.
Voi genitori, però, fate i bravi e non preoccupatevi se si sporca. Al massimo vestite i bimbi con qualcosa di adatto, ma non toglietegli questa gioia e opportunità creativa solo per la paura che si sporchino. Seriamente: hanno grande bisogno di creatività e si può iniziare anche molto presto. I pennarelli lavabili sono, appunto, lavabili, non tatuaggi.

Se da una parte è importante che il processo di apprendimento risulti creativo, dall'altra è logico che mai dovrebbe essere negativo, minaccioso, o addirittura stressante.
Svolgete quindi attività che possano divertire tutti voi e mai forzare una situazione o correggere troppo il bambino, altrimenti si otterrà l'effetto contrario.


Divertitevi!

31 maggio 2013

Frequentare madrelingua è importante.

Dove abitiamo i giapponesi si contano sulle dita di una mano, e per noi frequentare persone madrelingua non è proprio semplicissimo. Mettiamoci poi che i nostri migliori amici e le persone giapponesi con le quali in passato avevamo legato di più hanno deciso di fare le valigie ed andarsene, chi tornare in Giappone e chi a New York, Amsterdam, Londra, ed ecco che in pratica oggi non abbiamo alcuna chance di relazionarci con giapponesi in Italia. È un peccato, ma non c'è molto da fare. Possiamo controllare i nostri spostamenti, non quelli degli altri.

In altre situazioni si potrebbero considerare soluzioni come babysitter e ragazze au pair, ma anche qua ci risiamo: dovi trovi una babysitter o addirittura una au pair giapponese se non vivi a Milano, Roma, Firenze? È difficile. E anche se fosse un'opzione, c'è da dire che convivere con una persona che di fatto è un'estranea, almeno inizialmente, non è proprio per tutti.

Ecco quindi che nel nostro caso i viaggi in Giappone e i contatti virtuali, tramite Skype, con i parenti di mia moglie sono diventati fondamentali, nonché l'unico modo per esporre nostra figlia alla seconda lingua parlata da persone in carne ed ossa.

Interagire con persone madrelingua è fondamentale per lo sviluppo comunicativo e linguistico, perciò non appena vi capiterà l'occasione di scambiare quattro chiacchiere o frequentare anche spesso conoscenti e amici giapponesi, coglietela al volo!

Se vi trovate in una grande città fate in modo di incontrare spesso i vostri amici giapponesi, specialmente se accompagnati da bambini con cui il vostro potrebbe giocare, e creare un ambiente entro il quale il vostro piccolo bilingue possa farsi un'idea concreta sull'utilità della seconda lingua. Con l'occasione potreste organizzare cene italo-giapponesi e scambiare opinioni con persone che vivono un quotidiano simile al vostro.

Fate così: da una parte i papà, da una parte le mamme, e in sala i bambini. :)

I nostri amici ci mancano da morire e non vediamo l'ora di incontrarli nuovamente nel nostro prossimo e imminente viaggio in Giappone, in un tour de force organizzato specificamente per immergere la nostra piccola Koko nel paese natale per la terza volta in quindici mesi.

1 maggio 2013

Più lingue anche grazie ai libri.


Come accennato in precedenza, esistono libri per qualsiasi età. Anche per i neonati.
Verso la fine del primo mese i bambini sono attratti dal contrasto luce/ombra, e per questo uno dei pochi modi per catturare la loro attenzione e intrattenerli, sfruttando l'occasione per esporli alle lingue, è proporre loro figure in bianco e nero e dai contorni definiti.

I neonati apprezzano le righe, le spirali e le scacchiere perché osservandole le vedono vibrare, ma qualsiasi forma nera su sfondo bianco, o viceversa, è in grado di catturarli. Noi per praticità e perché ci piace il libro come oggetto abbiamo acquistato "A Different Story" di Ronit Tal e "White on Black" di Tana Hoban, e per esperienza ve li consiglierei, però è chiaro che procurarsi immagini simili non è per nulla difficile, sia creando delle figure vettoriali al computer sia stampando uno dei tanti esempi che potete trovare online, tipo questo. Anche carta e pennarello è un'opzione.

Koko ha mostrato interesse verso questi libri fin da subito, osservando le figure, tenendo sbarrati gli occhi e ascoltando le nostre fantasiose descrizioni. Notata la sua propensione alla "lettura" (si fa per dire), nel frattempo abbiamo acquistato diversi libri di altro genere e per un pubblico un pizzico più maturo. Faccio riferimento a libri come "しましまぐるぐる", "みかんオレンジ" e "あかあかくろくろ" editi da Gakken in Giappone. Sono tutti libri con illustrazioni colorate e descrizioni onomatopeiche che nostra figlia ha divorato con gli occhi. "しましまぐるぐる", in particolare, gliel'ho letto così tante volte (traducendolo in italiano in "righe righe, gira gira") che ogni volta che lo vedo mi viene un senso di nausea. Spero sempre non lo prenda in mano chiedendomi di leggerlo...

Non so onestamente se esistano titoli in italiano sul genere. Noi in quei mesi ci trovavamo in Giappone e abbiamo fatto di necessità virtù, poi tornati in Italia ci siamo fiondati sugli Imparalibri della Pimpa, che consiglio vivamente a tutti i genitori di bambini intorno all'anno di età perché affrontano temi elementari come i colori, i numeri, lo spazio, e molto altro.

La soglia di attenzione dei bambini è molto instabile. Inizialmente può apparire altissima per poi crollare subito dopo, ma va detto che in media è molto breve, tanto che Koko a un anno difficilmente riesce a resistere per l'intera durata di un libro, a meno che non sia cortissimo. Arrivati circa a metà ne chiede un altro, e poi un altro, e poi un altro. Abituatevi a questi ritmi perché è normale, augurandosi che in futuro si accontenti di leggere un libro alla volta.

Nota importante: quando il vostro bimbo sarà in grado di prendere in mano i libri da solo, cercate fin da subito di insegnargli a rimetterli apposto appena finito di sfogliarli.

Approfondirò il discorso libri in un altro post, scrivendo della nostra esperienza e di quali sono i nostri titoli preferiti tra quelli che finora abbiamo proposto a nostra figlia, sia in italiano sia in giapponese che in inglese.

È doveroso ricordare che in tenera età i libri svolgono una doppia funzione: la prima favorisce l'esposizione alle lingue, mentre l'altra forse è addirittura più importante, ovvero avvicina i bambini ai libri come oggetto, aiutandoli a familiarizzare con una fonte di cultura che potrà rivelarsi fondamentale in futuro. Non che l'uno escluda l'altro, ma è incoraggiante notare come oggi Koko quando vede un libro appoggiato da qualche parte lo indica sorridendo, come a chiederci di leggerglielo, mentre quando vede una TV, accesa o spenta, raramente mostra interesse. Non volete un bambino teledipendente? Bene, per nostra esperienza posso assolutamente affermare che i libri sono un sostituto più che ottimo in tutti i sensi.

A questo pro segnalo i "Prelibri", creazione di inizio anni '80 di quel genio di Bruno Munari, che oltre a rivelarsi utili sono un gran bell'oggetto di design. Dedicati a tutti i bambini che non sanno ancora leggere.

Chiudo proprio con una sua autointervista:

A – Che cos’è un libro?
B – Un oggetto fatto da tanti fogli, tenuti assieme da una rilegatura.
A – Ma cosa c’è dentro?
B – Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto.
A – Ma che cosa si legge in quelle parole?
B – Si leggono tante storie diverse, storie di gente di oggi o dei tempi antichi, esperienze scientifiche, leggende, pensieri filosofici o politici molto difficili, poesia, bilanci economici, informazioni tecniche, storie di fantascienza…
A – Anche favole?
B – Certamente anche favole, storie antiche, nonsense, limerick.
A – Con tante figure?
B – Certe volte con moltissime illustrazioni e poche parole.
A – Ma a cosa serve un libro?
B – A comunicare il sapere, o il piacere, comunque ad aumentare la conoscenza del mondo.
A – Quindi se ho ben capito serve a vivere meglio.
B – Spesso sì.
A – Ma la gente li usa questi libri?
B – Alcuni ne leggono molti, altri li usano per decorazione, c’è gente che ha in casa un solo libro: l’elenco dei telefoni.
A – Allora sarebbe utile che anche i bambini di tre anni cominciassero a familiarizzarsi con il libro come oggetto, a conoscerlo come strumento di cultura o gioco poetico, ad assimilare quella conoscenza che facilita l’esistenza.
B – La conoscenza è sempre una sorpresa, se uno vede quello che sa già, non c’è sorpresa. Bisognerebbe fare dei piccoli libri tutti diversi tra loro ma tutti libri, ognuno con dentro una sorpresa diversa, adatta a bambini che non sanno ancora leggere.
A – Posso averne uno anch’io?
B – Ne avrai una intera biblioteca, piccoli libri di tanti materiali diversi, di tante materie diverse: un libro di ottica, un libro di avventure tattili, un libro di geometria dinamica, uno di ginnastica, uno storico culturale, uno di filosofia, un romanzo d’amore, un libro pieno di tutti i colori, un libro trasparente, un libro morbido, un libro di fantascienza…
A – Ma come si chiamano questi libri?
B – I PRELIBRI.
A – Li voglio subito.

Bruno Munari, febbraio 1980